La Fonte del Pidocchio e l’esercito di Carlo V alla conquista di Firenze

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Alla biforcazione della vecchia via Aretina con il nuovo tracciato (oggi via Roma) aperto nel 1761, dove inizia la salita per lo Spedale del Bigallo, una cannella versa in una pila di pietra.
È il segnale che qui esisteva una fonte di acqua sorgiva che nelle Carte del 1584 era indicata come la fonte del pidochio.
La tradizione attribuisce quel nome al fatto che a lavarsi (o meglio, a spidocchiarsi) a questa fonte che allora doveva essere molto più ampia furono i soldati di Carlo V che, scendendo dal passo di S. Donato in Collina verso la conquista di Firenze, bivaccarono nei pressi della fonte lasciando una gran quantità di questi piccoli insetti che da allora fu detta del Pidocchio.
Gli abitanti delle case vicine non hanno mai accettato quest’appellativo spregevole che, tuttavia, è rimasto per secoli nella cartografia ufficiale, finché nel 1926, con una delibera comunale, ottennero di semplificare il nome del loro borgo in La Fonte.
L’imperatore Carlo V aveva affidato il comando dell’esercito spagnolo a Filippo d’Orange che per ordine del papa Clemente VII stava marciando su Firenze per assoggettarla all’impero e por fine alla Repubblica fiorentina. Il 14 ottobre 1529, superato il valico poche centinaia di metri sopra la fonte, dopo un’improvvisa curva apparve il meraviglioso spettacolo della città con alte torri e splendidi palazzi. Appunto: Firenze è Apparita!
Il Principe ebbe un attimo d’esitazione e, rivoltosi ai fuorusciti fiorentini che aveva arruolato e militavano contro la propria città, esclamò: «S’io avessi una patria così bella, la difenderei!».
I lanzichenecchi, invece, altri mercenari al soldo dell’esercito spagnolo, preparandosi al saccheggio, gridarono: «Signora Fiorenza, apparecchia i broccati, che noi venghiamo a comprare a misura di picca!».
Due visioni diverse ma stimolate da un solo stupendo panorama.
Giosue Carducci ci ricorda che il luogo era già stato scelto per la sua amenità nel Trecento da Sennuccio Del Bene il quale, essendo stato bandito da Firenze, si lamentava di non poterci più tornare: «Ma io non vedrò più da l’Apparita al piano la mia città fiorente».
Nei secoli, il poggio dell’Apparita è stato scelto dalle ricche famiglie fiorentine – e, non ultimi, i fratelli Rosselli – per costruire le loro ville che, durante l’ultima guerra, sono state occupate dai tedeschi per piazzare i loro comandi strategici.

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.