Prendersi cura di sé e dei propri figli

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I genitori non nascono genitori: nascono come figli e successivamente come uomini e donne autonomi. Per un bambino piccolo questa è una notizia sconvolgente, che può coincide ad esempio con la scoperta che la mamma e il babbo non si chiamano così, ma hanno un nome proprio.

Il genitore non appartiene al figlio, esiste ed esisteva anche senza di lui, mentre il bambino non può ancora dire questo di sé stesso: egli non esisterebbe senza il genitore.

Questa scoperta, se da una parte lo disillude rispetto al suo naturale e sano egocentrismo infantile, gli apre anche un sentiero verso lo sviluppo della sua personalità.

Una ricerca della Harvard Business School mostra come i figli delle madri che lavorano fuori casa abbiano una maggiore possibilità di trovare un lavoro di successo nella loro vita.

Questo dato mostra come la spinta verso l’esterno, verso l’inserimento di desideri ed elementi di differenziazione tra genitore e figlio, rende non solo i genitori più soddisfatti della loro vita, ma anche i figli più capaci di godere delle occasioni che il mondo esterno alla famiglia propone.

Il ruolo del genitore è infatti quello di desiderare, contenere e proteggere il figlio, ma insieme accompagnarlo fuori dalla relazione con i genitori. Il genitore non è proprietario del figlio, ma lo dona al mondo in cui anche lui è quotidianamente inserito.
La madre o il padre che trova nella relazione con il figlio la sua completa soddisfazione ed identità, sentirà il bisogno di possederlo e desidererà essere tutto ciò di cui lui ha bisogno.
Al contrario il genitore che sente la relazione con il figlio come un impedimento alla propria realizzazione personale e non è in grado di modulare il bisogno di autoaffermazione, lasciando lo spazio sufficiente a desiderare e proteggere il figlio, mostrerà l’autonomia come un percorso di solitudine insopportabile.

Il figlio potrà quindi non riuscire ad intraprendere questo percorso, continuando a ricercare quella protezione e quella sensazione di essere desiderato in ogni relazione o dipendenza della propria vita.

Le madri vivono un’esperienza fisica di fusione con il figlio in un unico corpo, che prevede una separazione dolorosa per entrambi, nel parto, ed un periodo di “gestazione esterna” in cui il bambino diventa gradualmente sempre più capace di maggiore autonomia.

I padri invece, come diceva la Doltò, “adottano” il figlio quando è già nato, con una gestazione che è più mentale e generalmente tardiva rispetto a quella della donna. Per questo motivo per i padri è tendenzialmente più semplice vivere la relazione con il figlio come due persone diverse e separate, che non condividono tutte le esperienze.

Tuttavia la nostra generazione, rispetto a quelle passate, mostra padri sempre più emotivamente coinvolti con i figli e madri sempre più capaci di non risolvere la loro esistenza ed identità nella maternità. Si allontana quindi il secolare schema predefinito della madre chioccia e del padre-padrone, restituendo ai figli una maggiore relatività, ma anche molta creatività, nell’interpretare la vita al di fuori della famiglia.

I figli di coppie con ruoli genitoriali più equilibrati e maggiormente rivolti all’esterno della famiglia, potranno quindi essere avvantaggiati nell’intraprendere il sentiero dell’autonomia, qualora non venga meno la possibilità di sentirsi, allo stesso tempo, coinvolti e desiderati.
Prendersi cura di sé, sottraendo del tempo ai propri figli, può ed è anche un bene che ci faccia sentire il dolore della separazione da loro ed il loro dispiacere, perché questo dimostra che si è instaurato un sano attaccamento tra genitore e figlio. Tuttavia, ancora una volta, la possibilità di tollerare questo dolore e meglio ancora desiderarlo, in virtù del piacere che ci riserva la vita fuori dal ruolo genitoriale, permetterà al genitore di presentare questo dolore della separazione non solo come sopportabile da parte di entrambi, ma anche come qualcosa di desiderabile.

Il bambino riceverà quindi un messaggio di amore e protezione, assieme alla stimolazione verso lo sviluppo e la crescita della sua personalità.