Quel “Crocifisso del Lume” oggetto di fede e leggende da oltre sette secoli

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In mezzo ai campi del Pian di Ripoli si nota una costruzione quadrangolare coperta da una cupoletta a squame stondate di cotto. È l’oratorio del Crocifisso del Lume.

Due finestre con grate in ferro consentivano la vista dell’altare ai fedeli anche da fuori, quando la porta era chiusa. Durante le ore notturne si teneva un lume a olio acceso di fronte al crocifisso e la fioca luce era dedicata alla sacra immagine dipinta a fresco che sembrerebbe rimandare a un ignoto «artista fiorentino del Quattrocento, assai prossimo ai modi di Andrea del Castagno».

L’oratorio era oggetto di fede già nel 1305 quando vi sostava la processione proveniente dalla Pieve a Ripoli. Il lume acceso al suo interno non serviva certamente per illuminare il percorso ai rari viandanti o barrocciai che si avventuravano di notte ma per non interrompere una devozione religiosa che di giorno i contadini esprimevano offrendo un mazzo di fiori di campo e i primi frutti di stagione.

Ma la storia di questa cappellina è molto più antica in quanto si trova su quella che era l’importante via etrusca che collegava Volterra con Fiesole in prossimità del guado dell’Arno (oggi via della Nave).

La tradizione vuole che sia nata sul luogo di un cippo, trasformato in un’aedicula dai romani e quindi in un tabernacolo dove il viandante si sarebbe fermato per ringraziare gli dei di avergli fatto superare le montagne senza ostacoli e per pregare prima di affrontare l’attraversamento del fiume pagando un pedaggio con un ramo d’olivo o un chicco di grano gettati nell’acqua. Anche i pastori provenienti dal Mugello si fermavano e, memori di antiche tradizioni, lasciavano un po’ di formaggio e di ricotta fresca pregando Dio di proteggerli durante il lungo viaggio verso la Maremma dove infestava la malaria.

Intorno ai vari proprietari che si sono succeduti nel tempo sono sorte alcune leggende che però hanno un fondo di verità. Sembra che Bartolomea Nasi sia stata l’amante di Lorenzo il Magnifico che si recava a incontrarla ogni notte. Si diceva anche che l’inquieto fantasma della Bobò – in vita, la cattiva Luisa Boboli, morta nel 1883 – si aggirasse di notte per le strade terrorizzando i rari passanti e entrasse nelle case dei contadini a scoperchiare pentole e tegami. Uno dei custodi fu Il Brignola, uno strano tipo che si vantava di essere un inventore ma che finiva sempre vittima di esilaranti episodi.

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.