Pievi e parrocchie, una territorialità toscana

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Entro i confini della Toscana ma anche oltre, la distinzione tra pieve e semplice parrocchia (o popolo) è categoria facente parte del patrimonio culturale comune.

Risulta meno conosciuto, tuttavia, come la suddivisione del territorio in plebanie (o pivieri) e di queste ultime in parrocchie sia anche ricchezza specifica, propria soltanto di una determinata area geografica, frutto di un lungo sviluppo storico che ci auguriamo sia interessante di ripercorrere.

Secondo i frammenti delle lettere di papa Gelasio I (fine V secolo) pervenuti sino a noi, il termine plebs indica un gruppo di fedeli, senza riferimento alcuno alle strutture materiali di una chiesa o a confini geografici; come del resto ed allo stesso modo il termine diocesi indicava soprattutto il rapporto tra un vescovo ed i cristiani da lui battezzati. Del resto, per molto tempo ancora non sarà possibile ritrovare alcuna notizia di confini territoriali definiti né di chiare distinzioni di funzione tra le primissime chiese rurali.

Le condizioni storiche non erano per altro favorevoli alla ricerca di forme organizzative stabili. Al tempo di papa Gelasio I, infatti, crollate da poco più di un quindicennio le ultime vestigia politiche dell’Impero Romano d’Occidente, l’Europa risultava avvolta in una spirale di decadimento demografico, restringimento dei nuclei urbani e disgregazione sociale, accentuati dal continuo susseguirsi di guerre e invasioni. Proprio in Italia tali processi raggiunsero il loro esito più estremo.

Ciò non di meno gli equilibri demografici del tardo Impero furono capaci di determinare un importante carattere dell’assetto diocesano medievale della penisola. L’Italia meridionale, fin dal tempo dell’Impero Romano densamente popolata e urbanizzata, si trovò coperta da un gran numero di piccole diocesi; al centro-nord, invece, un numero minore di abitanti si trovò disperso in diocesi più vaste, poiché le città erano poche.

I vescovi dei territori più settentrionali, incontrarono così una grande difficoltà nell’esercitare il loro ufficio, privi dell’aiuto offerto, nel meridione: dalla ristrettezza dei territori di competenza, oltralpe: dal sostegno di monarchie romano-germaniche forti, come in Spagna o nelle Gallie.

Da questo quadro derivò la soluzione di inviare uno o più chierici presso signori laici rurali che potessero proteggerli, offrendo ai fedeli la possibilità di rivolgersi a loro per ricevere i sacramenti, indipendentemente dai luoghi di residenza.

Soltanto al principio dell’età longobarda (inizio VIII secolo) possiamo ritrovare le prime ambigue testimonianze riguardanti le pievi; tali, tuttavia, da non permettere una precisa ricostruzione dello sviluppo che avrebbe portato dagli antichi inviati vescovili nelle campagne alla formazione di queste strutture religiose stabili, spesso edificate da signori laici ma presto poste alle dipendenze del vescovo e caratterizzate dall’amministrazione del sacramento del battesimo.

Esclusivamente nell’Italia centro settentrionale, in Corsica e nell’area provenzale, comparve però anche una seconda tipologia di chiese, anch’esse spesso di fondazione laica ma prive di un clero stabilmente residente e tassativamente del fonte battesimale. La loro dipendenza dalla pieve quali parrocchie suffraganee si delineò gradualmente ed a partire dalla Toscana, fino ad essere sancita dalla legislazione emanata da Carlo Magno e dai suoi successori.

Lentamente si formarono ed assestarono anche i confini tra le diverse delle plebaie (o pivieri) ed all’interno di queste, quelli delle parrocchie; fino a giungere chiaramente, al principio del XII secolo, alla tripartizione gerarchica e funzionale tra sede vescovile, pieve e parrocchia.

Punto di svolta fondamentale fu però certamente il primo capitolare carolingio di Mantova (813), un cui canone stabilì come dovesse essere chiamata plebs soltanto l’antica chiesa battesimale, alla quale ogni fedele avrebbe dovuto versare la Decima, tassa recentemente introdotta in Italia dai franchi. Ciò rappresentò la definitiva affermazione del carattere territoriale della pieve, ribadito in seguito anche dal tredicesimo canone del Concilio di Pavia (850) che stabilì come il pievano avrebbe dovuto curare la vita spirituale dei laici del suo territorio, nonché del clero degli oratori minori a lui sottoposti, riferendo poi al proprio vescovo.

La ragione di questo particolare sviluppo, come abbiamo già accennato, è stata individuata dagli storici nella difficoltà per i vescovi di controllare diocesi piuttosto ampie in un quadro di forte instabilità che favorì il sorgere del livello intermedio della pieve ed il proliferare delle parrocchie, nonché da una tipologia di insediamento umano sparso, differente da quella per villaggi. In seguito tuttavia, furono soprattutto le parrocchie ad assumere i compiti della cura d’anime dei fedeli (celebrare la messa, amministrare i sacramenti, etc.) ad eccezione dei riti di battesimo, matrimonio e sepoltura, per i quali continuò ad essere necessario rivolgersi alla pieve.

Nonostante ciò, con il tempo, continuando le fondazioni di nuove parrocchie in accordo al mutare dei luoghi dell’insediamento rurale, la pieve si avviò verso la decadenza.
Fallirono i tentativi di ricondurre tutti i chierici della plebania, a vita comune nella chiesa battesimale ed all’autorità del pievano. Infine, risulterà chiaro, nel XIII secolo, come le pievi cristallizzassero una fisionomia tardo-antica del territorio, mutata dal corso dei secoli e come corrispondessero poco alle esigenze dei fedeli, desiderosi di ricevere la cura d’anime nel centro di residenza.

Nel secolo XIV, quando le guerre tra le città si fecero più distruttive, si presenteranno perfino fenomeni di “trasferimento” dell’antica pieve, decaduta o distrutta, nel luogo di una delle sue parrocchie maggiormente vitali e popolate.

Nelle aree più marginali dell’antica diffusione, lo stesso istituto della pieve scomparve; mantenendo una maggiore persistenza, invece, proprio in Toscana, specialmente poiché le maggiori città organizzarono l’amministrazione civile dei territori che sottomisero assumendo le plebanie come base geografica. Ancora oggi, diversamente da altre regioni d’Europa, dove ogni parrocchia ebbe sempre anche il diritto di celebrare i battesimi, le particolari architetture delle antiche pievi sottolineano la complessità e la ricchezza dell’articolazione del territorio toscano.

Alessio Mariani

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Asilo a Balatro, elementari ad Antella, medie a Ponte a Niccheri, Liceo a Bagno a Ripoli, laurea in Storia Medievale presso l'Università degli Studi di Firenze, una formazione che già riflette il legame con il territorio del quale mi sono appassionato a scrivere.