Pieve a Ripoli, storia di una delle chiese più antiche d’Italia tra miracoli e prodigi

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La chiesa di San Pietro a Ripoli è una delle più antiche d’Italia. In un documento di Carlo Magno del 774 è ricordata come Quarte Plebe Sancti Petri, vale a dire una pieve posta al quarto miglio della strada consolare Cassia Adrianea, un’asse di transito fondamentale per i flussi commerciali, postali, militari e religiosi.

Fu costruita usando molte pietre recuperate dal vicino insediamento romano di Bagno a Ripoli e ancora oggi nel chiostro sono conservati numerosi reperti d’epoca romana (basi di colonne, capitelli, urne, lapidi) rinvenuti nei poderi circostanti.

Un elegante portico sorretto da due colonne ottagonali sopra le quali stavano le statue di san Pietro e san Paolo – oggi conservate all’interno – introduce in chiesa dove si ammirano molte opere d’arte: stemmi nobiliari in pietra, un pregevole fonte battesimale di origine romana, un affresco con san Giovanni Battista, la Passione attribuita a Spinello Aretino, una scultura lignea del XVI secolo con il Cristo morto, un crocifisso attribuito a Taddeo Gaddi, un dipinto del 1350 di scuola giottesca e una tavola con Gesù sulla Croce, probabile esecuzione di Andrea del Sarto.

Nel 1400 fu costruito l’oratorio attiguo alla chiesa dove si riuniva l’antichissima Compagnia della Santa Croce della quale facevano parte il granduca Cosimo III, l’arcivescovo e una folta schiera di conti, marchesi e baronesse con lo scopo di svolgere opere di carità e organizzare processioni e pellegrinaggi. Sotto il crocifisso – detto della Buona Morte – si riuniva anche la Congregazione degli Agonizzanti per pregare Dio di concedere una buona morte a questi poveri disgraziati.

Alla Santa Croce sono stati attribuiti alcuni miracoli per fatti accaduti nel pellegrinaggio a Loreto nel 1773, in occasione della peste in Pian di Ripoli nel 1781 e per aver fatto piovere nel 1861 dopo una lunga siccità.

Ma il primo prodigio avvenne il 3 marzo 1626 quando il crocifisso fu rubato «e miracolosamente fu ritrovato dal contadino Giuliano Casini detto il Povero in un campo a riscontro alla Pieve, sotto il bosco».

Agli inizi del Novecento, nel prato davanti alla Pieve esisteva ancora un olmo gigantesco sotto il quale si riunivano i popolani per ascoltare i bandi pubblici del Comune, per discutere e anche per annunciare la perdita o il furto di un animale. Dunque un luogo consueto per partecipare a adunanze pubbliche, religiose e private.

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.