La via dei tronchi a Rovezzano tra porte foderaie e antichi mulini

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Alla pescaia di Rovezzano ci sono due aperture, una sul lato sinistro e una su quello destro.

Sono le porte foderaie da dove sono passati i tronchi d’abete provenienti dal Casentino e da Vallombrosa fino all’Ottocento quando, con l’apertura di strade carrozzabili e ferrovie, la fluitazione sull’Arno cessò definitivamente.

Grosse travi lunghe fino a 25 metri legate insieme con corde o catene di faggio formavano delle zattere – dette foderi – che venivano guidate nella corrente del fiume dai foderatori, uomini provati ad ogni fatica e ad ogni sacrificio pur di riuscire a fluitare i tronchi a Firenze e ai cantieri navali di Pisa e Livorno.

Tale attività veniva praticata già nel XII secolo ma ha avuto il suo massimo sviluppo dal 1380 quando l’Opera del Duomo ebbe bisogno di una gran quantità di legname per costruire la cattedrale di Santa Maria del Fiore e il campanile.

A Rovezzano, accanto alle porte foderaie c’erano due antichissimi mulini – oggi trasformati in un resort di lusso e in appartamenti – che sfruttavano l’energia idraulica attraverso una serie di canali e gore per muovere le macine da cereali.

Sulla riva sinistra del fiume, a due passi a valle del Mulino della Nave, c’è sempre stata un’osteria dove anche i foderatori si fermavano per mangiare un piatto caldo dopo il lungo viaggio che si svolgeva nel periodo invernale, quando l’Arno aveva molta più acqua necessaria per fluitare i tronchi. Tuttavia, gli osti volevano i soldi prima che si mettessero a tavola perché dicevano che «questi foderatori son fatti tanto meschini [poveri] che non hanno denari ne credito». Anche se per il loro disagiato lavoro era previsto un vitto adeguato, in realtà consisteva soltanto in “pan di legno” (polenta di farina di castagne) e “vin dei nuvoli” (acqua piovana).

Anche i foderatori costituirono la loro Potenza Festeggiante comandata dal Duca d’Arno con sede in piazza delle Travi a Firenze.

Per collegare le due sponde, in quel punto, ha fatto servizio – dagli albori della storia fino all’alluvione del 1966 – una nave: un traghetto spinto a mano con lunghe pertiche da un navalestro sul quale salivano uomini e bestie e si caricava ogni genere di mercanzia.

Attività come quelle dei foderatori, dei mugnai e dei navalestri sono completamente scomparse e anche le relative parole non sono più di uso comune e sono sconosciute ai più, ma per secoli hanno fatto la storia e la vita del fiume.

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.