Jacopo Soldani e i “Tirsi”, poesia, eresia e ‘bella vita’ sulle colline di Antella…

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Percorrendo la strada sterrata in mezzo al bosco da S. Donato in Collina a Montisoni s’incontra villa Belvedere in Pian de’ Mazzuoli, antico possesso dei Soldani e gradito e consueto luogo di villeggiatura di Jacopo (1579-1641), poeta satirico, senatore, fisico, matematico, astronomo.

Con lo pseudonimo Tirsi fu uno dei fondatori e dei più attivi e fervidi componenti dell’Arcadia dei Pastori Antellesi: un’allegra brigata che riuniva nelle ville intorno all’Antella letterati, scienziati e amanti della bella vita in un mitico ritorno alla natura semplice e primitiva.

Fu tra «gli scolari e gentiluomini fiorentini discepoli di Galileo». In effetti, aveva seguito le sue lezioni all’Università di Pisa insieme ad altri Pastori Antellesi come Piero de’ Bardi, Jacopo Giraldi e Michelangelo Buonarroti Il Giovane. Oltre a questi c’era anche il Pastore Maffeo Barberini che, fra l’altro, a Pisa da giovane studente aveva condiviso la stanza con l’amico Buonarroti. Ma fu proprio lui che, una volta divenuto papa Urbano VIII, emise la severa condanna di Galileo al confino nella villa di Arcetri per la sua idea copernicana.

Naturalmente, il Soldani e gli altri amici cercarono di difenderlo dalle accuse di eresia ma non ci fu niente da fare. Comunque, nelle riunioni scientifiche – più o meno segrete – che facevano nelle loro ville, continuarono a diffondere e a sviluppare le rivoluzionarie teorie del grande scienziato, anche se contrarie ai dogmi religiosi del tempo.

Come letterato, il Soldani scrisse le famose Sette Satire che l’Accademia della Crusca pose fra i capolavori poetici d’Italia. Furono composte fra il 1620 e il 1623 durante i soggiorni a villa Belvedere e furono pubblicate per la prima volta nel 1751, dopo oltre cent’anni la morte del suo autore.

L’opera è una satira contro le stravaganze e i vizi della società del suo tempo, contro l’ipocrisia, il lusso, l’avarizia e l’incostanza dei desideri dell’uomo. Nella Satira Settima, quella Contro il lusso e l’avarizia e diretta a monsignor Francesco Venturi che si trovava nella sua villa di Belmonte, descrisse il dolce rifugio di Belvedere e della sua felice posizione climatica dove «è un’aura soave e gentile e qui sempre spira un temperato Aprile» e paesaggistica perché è «da’ monti circondata d’ogni verso e al termin d’una forra apre un teatro, il più ricco che mai veder si possa».

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.