Il CONTE Magalotti e la PRINCIPESSA Pio: un matrimonio mancato a BELMONTE

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by Massimo Casprini

La villa di Lonchio si trova sulla pendice di Poggio Firenze. La sua sagoma bianca, che si vede anche da molto lontano, emerge e si distacca dall’esteso contorno di un bellissimo verde di oliveti e boschi fino in cima al monte.

Per la sua posizione a 350 metri s.l.m., con uno splendido panorama sulla piana fiorentina verso le montagne dell’Appennino, fu scelta come luogo di buon retiro dal conte Lorenzo Magalotti (1637/1711) il quale aveva ereditato una fattoria con trenta poderi, ville e Case da Signore che suo nonno Filippo aveva acquistato nel 1590 dai Barberini. Fin dal Quattrocento era detta Il Calandro, ma Lorenzo volle darle il nuovo nome di Belmonte.

Il conte Lorenzo Magalotti

A Lonchio soggiornava l’estate e in tutti quei momenti che lo rendevano libero dai suoi numerosi impegni come scienziato, membro delle migliori Accademie fiorentine, consigliere e ambasciatore dei Medici nelle maggiori corti europee. 

Nel 1675 gli era stato assegnato il titolo di conte. Quando il Magalotti in abito di gala entrava alle feste di corte, le dame si voltavano a guardarlo e ambivano di essere salutate. Era un bell’uomo, robusto, ben portante, garbato, gioviale. Fra gli altri ambasciatori era quello che aveva sempre qualcosa da raccontare: aneddoti, storie e avventure che aveva vissuto in Spagna, in Svezia, in Inghilterra, in Francia. Insomma, era un tipo simpatico e dalla parola arguta che faceva ridere con motti e barzellette. E questo piaceva alle donne.

Una sera del mese di maggio 1678, fra le dame della corte di Vienna incontrò la principessa romana Antonietta Pio. Aveva circa trent’anni e non era una bellezza eccezionale ma aveva gli occhi che incantavano e che colpirono il Conte il quale, da uomo di mondo, non si peritò e azzardò qualche complimento sulle sue braccia, che aveva scoperte. Lei ricambiò la cortesia lodando il suo abbigliamento ed ebbe inizio un’intesa che si realizzò ballando insieme di fronte a tutti.

A fine serata, il Conte, che aveva trascurato i ministri di Spagna e Olanda che volevano proporgli un trattato, si offrì di accompagnarla a casa con la sua carrozza. Durante il breve viaggio  la tenne fra le braccia e con il viso sfiorò la sua pelle nuda. Lei non si oppose. Ormai era innamorato cotto. 

Aveva già passato i quarant’anni e quello sarebbe stato il momento giusto per mettere su famiglia, magari anche un figlio: l’ultimo dei Magalotti. Ma come poteva uno scienziato, filosofo, diplomatico ambire ad un matrimonio con una principessa? Il censo di lei esigeva un certo tenore di vita che lui non era in grado di garantirle. Pensò anche che avrebbe potuto vendere la fattoria di Belmonte all’Antella ma, fatti tutti i calcoli, non sarebbe bastato.

Ormai si frequentavano da alcuni giorni e Antonietta si mostrava un po’ reticente perché non vedeva come Lorenzo avrebbe potuto esaudire le abitudini e le esigenze di una vita di lusso che gli assicuravano la sua famiglia. Comunque, sembra che volesse accettare la situazione perché gli consigliò di vendere Belmonte, ma di tenersi la villa di Lonchio che non aveva mai visto ma che doveva essere bella e in una posizione eccezionale intorno a Firenze, sia per il clima che per il panorama.

Quindi, il problema economico poteva essere risolto soltanto con l’aiuto del granduca di Toscana alla cui casata medicea il Magalotti aveva fatto e stava facendo tanti servigi. 

Il 18 maggio Lorenzo partì da Vienna diretto a Firenze. Antonietta, lusingata per quanto stava facendo per lei, lo salutò con le lacrime agli occhi e lui le baciò le mani.

Con l’ansia e l’impazienza di un giovane innamorato, incitò il cocchiere a spronare i cavalli ma il viaggio era comunque lungo e fu necessaria anche una sosta a Bologna. Nella locanda non riuscì a dormire e si mise a scrivere una dissertazione sugli odori, ispirato dal profumo della pelle di Antonietta che non aveva dimenticato da quando si erano lasciati.

All’incontro con il granduca Cosimo III de’ Medici, forte della sua abilità oratoria, parlò dell’imperatore, degli ambasciatori europei e dei futuri congressi poi, inevitabilmente, il discorso cadde sulla principessa Pio. Il Magalotti, improvvisamente, esordì: “Vorrei accasarmi!”. Il granduca rimase un attimo silenzioso prima di arrabbiarsi e brontolare che il matrimonio non si doveva fare, opponendo non meglio definite ragioni di Stato. Sicuramente, avere una famiglia a cui pensare avrebbe distratto il Magalotti dai suoi impegnativi compiti di ambasciatore. Inoltre,  molto spesso sarebbe stato assente in lunghe missioni alle corti d’Europa. 

Il povero Lorenzo non fiatò e non sposò la principessa Pio. In più, il granduca gli vietò anche di intrattenere relazioni epistolari. 

Da ambasciatore residente a Vienna qual’era fu rimosso immediatamente “per dissensi politici col granduca” e fu trattenuto a Firenze affidandogli brevi incarichi all’estero, finché, lamentando motivi di salute, preferì ritirarsi a vita privata nella sua villa di Lonchio con il fedele maggiordomo Collez.

 Lassù – in quel posto solitario «dove a non più di otto miglia da Firenze par di trovarsi sotto un altro clima [e] a tutte l’ore si trova un aria temprata a immortalità […] par d’essere Signor del mondo» – riceveva frequentemente visite dagli amici ai quali proponeva passeggiate alla scoperta dei dintorni. 

La villa di Lonchio in un disegno del 1919

Si dedicò allo studio dell’antiquariato e alla letteratura scrivendo poesie, saggi, lettere, esperienze scientifiche sui fenomeni naturali e dissertazioni sui prodotti della terra. Non perse il carattere ironico che lo aveva sempre contraddistinto organizzando giochi e scherzi con i suoi ospiti. 

Fino agli ultimi giorni della sua vita ordinò di fare lavori nei campi, spianare il terreno, creare vialetti, trapiantare cipressi e tagliare le acacie. Con il contadino Alessandro dispose nuove piantumazioni di albicocchi, susini e vigneti di moscadello, scoprendo, fra l’altro, come a quell’altezza attecchissero e fruttificassero gli agrumi.

Una mattina, lo trovarono privo di sensi ai piedi di un albero nel giardino. Dopo quindici giorni, il 2 marzo 1711 dell’anno fiorentino, morì. Aveva viaggiato, studiato, conosciuto tanti re e imperatori, aveva avuto tanto esperienze… aveva amato!

L’infelice e breve parentesi amorosa con la principessa Antonietta Pio che non sfociò in un matrimonio, forse, fu l’unico rimpianto della sua vita che si portò dietro.

Non si era sposato con nessun’altra donna, quindi, non avendo eredi, lasciò la villa di Lonchio e la tenuta di Belmonte ai cugini Venturi – nipoti di sua madre Francesca Venturi – ai quali si aggiunsero, per parentela, i Ginori, Lisci, Torrigiani con cui la fattoria si è conosciuta fino ad oggi.

Il cortile interno della villa ridotta a casa colonica, 1919

Del conte Lorenzo Magalotti, invece – che ci ha lasciato una bella descrizione della sua villa e vari scritti sul territorio – non è rimasto niente, se non il suo stemma nobiliare in pietra nella colonica a Croce a Balatro che si sta sfaldando sempre di più.

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