Eterna giovinezza e immortalità, il mito che accompagna la fonte della Fata Morgana

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Andare in villeggiatura nel ’500 era un esclusivo privilegio dei Signori fiorentini che, già a primavera, abbandonavano la città – ormai troppo calda, sporca e caotica – per recarsi nelle proprie ville.

Alcuni si rifugiavano in solitudine per i piaceri dell’otium e gli amici rimasti in città dicevano che «in villa non fanno nulla». Altri preferivano la sola compagnia dei familiari per dedicarsi alla cura del corpo e dello studio. La gran parte invitava gli amici (le catervas amicorum) per trascorrere allegre giornate davanti a tavole lautamente imbandite.

Invece, il ricchissimo mecenate Bernardo Vecchietti, nella sua villa Il Riposo a Grassina, riuniva spesso gentiluomini, letterati e amatori d’arte, con i quali discuteva di pittura, di scultura e di scienze umanistiche. Come ospite preferito e che si trattenne più a lungo ci fu lo scultore fiammingo Jean Boulogne, detto il Giambologna, che arricchì la villa di opere e al quale il Vecchietti commissionò un Ninfeo per accogliere gli amici al fresco.

Il giovane architetto creò un luogo magico e suggestivo ai piedi della collina di Fattucchia. All’esterno: un tabernacolo, una grande tavola d’alberese, la fonte del viandante, un abbeveratoio e un lavatoio. Nella grotta pavimentata con pillole di fiume: anche una cucina, panche di pietra, affreschi, sculture, giochi d’acqua, zampilli, una sorgente purissima e una vasca abbellita da una statua di Venere – opera dello stesso Giambologna – scomparsa nel ’700 e riapparsa recentemente nella collezione di un ricco inglese.

Una lapide, che riporta anche la data di costruzione 1572, ricorda che quella è la fonte della Fata Morgana «che giovin qui ringiovaniva altrui», rifacendosi ad antichi miti che attribuivano all’acqua pura il potere di rendere la giovinezza e quindi l’immortalità.

La fonte, o Ninfeo del Giambologna, era popolarmente conosciuta come la Casina delle Fate perché, pare, fosse stata un luogo di voluttuosi incontri con piacenti signore oppure, un’altra leggenda vuole che bellissime e misteriose donne apparissero all’improvviso per scomparire poi all’interno della grotta dove, attraverso cunicoli segreti, raggiungevano la villa soprastante.

Quindi, un tesoro architettonico unico, di grande magia culturale e ambientale che, dopo secoli di totale abbandono, nel 2002 è stato opportunamente restaurato.

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.