Monte Pilli

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La sommità di Monte Pilli (449) è caratterizzata dal gruppo di cipressi che coronano il parco della villa e la rendono inconfondibile anche da notevole distanza.

Su questa collina, in epoca medioevale, sorgeva un castello la cui presenza è attestata sin dall’anno 1000. Da antichi documenti sappiamo che, nel 1066, una certa Gisla, nobildonna di origine longobarda vedova di Azzo Pagano, donò la quarta parte del castello al Monastero di San Pier Maggiore, da lei stessa fondato. Mentre nel 1085 Soavizio Pagano promise alla ‘nepote Guazza’, badessa del Suddetto Monastero, nonché figlia di Gisla e Azzo, di proteggere i possedimenti delle corti e dei castelli di Perticaja d’Ajantica e di ‘Monte Pilloli detto di San Martino a Villamagna’ Un altro documento, datato 11 aprile 1195, ci informa della vendita di alcune terre poste ‘a castello di Montepilli’ al Monastero di Vallombrosa.

Al castello, successivamente scomparso, sopravvisse la chiesa, menzionata già dal 1260 come San Martino a Montepilli. L’edificio fu sede di una parrocchiale, esistente sino a tutto il XVI secolo, il cui ambito territoriale è documentato dalle Carte dei Capitani di Parte Guelfa riferite al Popolo di San Martino a Monte Pilli. La parrocchia ebbe il patronato della famiglia Soldani che aveva estesi possedimenti nelle colline circostanti e, successivamente subentrarono i marchesi Panciatichi.

Dopo la soppressione, la chiesa fu ridotta a cappellania e il popolo venne riunito a quello di San Quirico a Ruballa. Il piccolo cimitero, che si trovava davanti alla parrocchiale, si trasformò, ben presto, in un prato. La canonica divenne l’abitazione del cappellano a cui fu assegnato anche il podere della parrocchia denominato San Martino.

Nel 1867, una legge dello Stato Italiano, che sopprimeva alcuni ‘benefizi Ecclesiastici’ e dava ai patroni laici la possibilità di rivendicarne la proprietà, permise la soppressione della cappellania e dette ai Panciatichi, antichi patroni, la possibilità di entrare in possesso della ex-parrocchia di San Martino a Monte Pilli. Nel 1869, il marchese Ferdinando Panciatichi, previo pagamento del 30% del valore, poté acquisire i ‘beni prebendari’ consistenti in un oratorio, una casa (la ex-canonica) e in un podere con relativi annessi. L’anno successivo, detti beni furono rivenduti a Pasquale Cerrini. Dopo la morte di quest’ultimo i beni passarono alla vedova Giulia Finocchietti. La famiglia Cerrini ristrutturò completamente l’antica canonica, trasformandola nella villa che ancora sussiste e mantenendo l’oratorio dedicato a San Martino. Il cognome Cerrini era rimasto nel toponimo con cui localmente si indicava la cima della collina, che i vecchi abitanti della zona chiamavano ‘La Cerrini’. Ancora negli anni Sessanta del Novecento l’affermazione “Andare alla Cerrini” significava recarsi sulla cima di Monte Pilli.

L’origine del toponimo Pilli trova spiegazione in due diverse ipotesi. Secondo l’una deriverebbe dal latino Pinulum, diminutivo del sostantivo pinus e questa spiegazione porta a pensare che, in antico, la collina doveva essere ricoperta da ombrosi e profumati boschi di pini. La seconda ipotesi dà al toponimo tutt’altra origine facendolo derivare da ‘pilloli’, termine col quale, popolarmente, si indicavano e si indicano i ciottoli e i lapilli di fiume che sulle pendici di questa collina dovevano trovarsi in abbondanza.

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La redazione del giornale eChianti.it