L’antica arte del Buratto e la scuola di ricamo a Antella

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Nel 1903, le signore Clara Onori e Virginia Nathan fondarono a Antella una Scuola di Ricamo a Buratto per offrire alle donne l’opportunità di un nuovo lavoro da eseguirsi nella propria abitazione nei momenti liberi dalle occupazioni domestiche.

Mutuando la parola dal mondo dei mugnai (abburattare la farina), si chiamò buratto quella tela rada fatta di filo di canapa sulla quale si ricamava con filo di morbido cotone bianco.

Era stata Caterina de’ Medici a riscoprire il tradizionale buratto fiorentino che volle insegnare anche alle damigelle della corte francese. Inventò anche il famoso Punto Medici, cosiddetto proprio in suo onore.

I falegnami di Bagno a Ripoli costruirono grandi telai verticali per tessere a mano la tela e dei semplici telai con quattro stagge di legno per tirare la tela sulla quale poter ricamare.

I disegni, copiati da pitture e arazzi, imitavano i motivi classici del Rinascimento come La castellana e La caccia al cervo.

Per ottenere i modelli fu usata la carta cianografica, popolarmente detta ‘scenografica’. Un pezzo già ricamato si distendeva sopra la carta che si esponeva al sole per 5 minuti e poi s’immergeva in un secchio d’acqua per lo sviluppo. Il risultato immediato era il disegno a tratti bianchi su fondo blu scuro impresso sulla carta.

Molte donne del Comune si dedicarono a quest’attività lavorando la sera in cucina o ai crocicchi delle strade con i telai appoggiati su cavalletti. Furono creati splendidi lavori per tende, copriletto, tovaglie, cuscini e centrini e il successo commerciale permise a due intraprendenti ragazze – Gioconda Benucci e Caterina Ceccherini – di fondare due aziende per gestire la tessitura della tela e il lavoro di ricamo a domicilio. Con i propri campionari parteciparono a Esposizioni ed estesero le vendite a tutta l’Italia e all’estero, fino in Egitto e negli Stati Uniti.

Nel 1936, Emilio Scarin scrisse il bell’articolo Un’industria domestica toscana: il buratto sulla Rivista Geografica Italiana sperando di far risorgere quella lavorazione che, in quel periodo, stava subendo una certa flessione e che rifiorì soltanto dopo la guerra rivolta a un mercato d’elite, in considerazione del costo elevato che aveva raggiunto.

Da diversi anni nessuno si dedica più a quest’antichissima e splendida arte divulgata dalle aristocratiche mani di una grande regina.

Massimo Casprini

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.