L’antica Arte dei Muratori ripolesi nei cantieri dell’Opera del Duomo

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Fin dal Quattrocento, ogni mattina, prima che il sole sorgesse, da Villamagna, Bagno a Ripoli, Antella, Balatro e Grassina partivano in molti per raggiungere la città. Erano muratori e manovali chiamati a lavorare nei cantieri dell’Opera del Duomo e dei palazzi fiorentini. I più erano a piedi scalzi, altri avevano zoccoli d’olmo e di vacchetta fatti in casa e sulle spalle portavano una bisaccia con povere cose.

Scene di vita quotidiana che si sono trasmesse fino al Novecento con la sola variante che tutti avevano le scarpe e alcuni di loro anche la bicicletta. La sera tornavano alle loro famiglie molto stanchi dopo una giornata di lavoro di 12 o anche 14 ore, ma il tempo per riposare era poco perché la mattina si doveva partire di buon’ora per essere per tempo sul cantiere. Da questa circostanza ebbe origine il detto che «La giacchetta attaccata al chiodo la sera prima, al mattino tentennava ancora».

È stato scritto che a Bagno a Ripoli «L’arte del murare vi ha sempre fiorito ab immemorabili», ed è vero. Alcuni muratori riuscirono a raggiungere il grado di “maestro da murare” tanto da essere assimilati agli architetti dell’epoca. Fra questi ci fu anche Mariotto di Pepi da Balatro che fin dal 1489 partecipò alla costruzione del più bel palazzo fiorentino del Rinascimento progettato da Benedetto da Maiano per il ricco mercante Filippo Strozzi.

I lavori durarono diversi anni e Mariotto ebbe modo di assumere incarichi di responsabilità. Il 3 settembre 1512, pur non dovendo lavorare a causa del maltempo, volle controllare che la pioggia non rovinasse i lavori in corso ma, giunto sul muro più alto in angolo con la piazza, fu colpito da un fulmine e precipitò al suolo.

Certamente non è stato la sola vittima e fra gli operai ripolesi, nel corso degli anni, molti altri sono morti o infortunati sul lavoro. Quindi un tributo di vite per rendere Firenze Bella di cui dovremo essere orgogliosi perché Bagno a Ripoli ha fornito mano d’opera edile per secoli.

Non a caso, si è voluto identificare nel blasone della famiglia Dell’Antella – trasmesso poi come stemma al paese – un archipenzolo di colore rosso che altro non era che l’antico strumento di legno utilizzato in edilizia per verificare l’orizzontalità dei piani, costituito da un triangolo isoscele al cui vertice era fissato un filo a piombo.

L’archipenzolo nello stemma Dell’Antella (foto M. Casprini)

Massimo Casprini

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.