Chiesa di Santo Stefano a Paterno

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by Andrea Misuri

I novant’anni di Don Fabio Masi

Con il Cral di Firenze visitiamo la Chiesa di Santo Stefano a Paterno. Siamo alle pendici del Monte Pilli, meta finale della nostra camminata. Dalla cima dell’altura con i suoi quasi 500 metri – dove un tempo sorgeva una piccola costruzione militare longobarda – la vista spazia sulla valle sottostante verso Firenze.

La chiesa
Il campanile e la campagna ripolese
Scendendo dal Monte Pilli

Partiamo da via Roma, svoltiamo all’Arco del Camicia e risaliamo via di Terzano. L’Arco pare prendere il nome da una famiglia Camici che gestiva l’osteria posta lungo la via Vecchia Aretina. Osteria che già compare nella carta 106 in “A.S.F. Capitani di Parte. Piante di Popoli e Strade 1584”. L’osteria doveva occupare gli spazi attualmente caratterizzati dall’Arco nato forse per collegare le due strutture laterali.

Osteria del Camicia Carta 106 (particolare) A.S.F. Capitani di Parte. Piante di Popoli e Strade 1584
Chiesa di Santo Stefano a Paterno Carta 106 (particolare) A.S.F. Capitani di Parte. Piante di Popoli e Strade 1584
Carta 106 A.S.F. Capitani di Parte. Piante di Popoli e Strade 1584

L’attuale via di Terzano è lungo il tracciato di una strada romana –  variante più percorribile di quella Cassia Vetus che seguiva a mezza costa la riva dell’Arno in direzione “Florentia” – che finiva per  incrociare la Cassia Adrianea nella pianura ripolese.

Il toponimo “terzano” è di origine latina, così come “paterno”, frequente in Toscana ad indicare una proprietà ereditata dal padre.

La chiesa è sulla destra, in cima ad una breve scalinata. L’edificio, ristrutturato in stile neoromanico nel 1934, sostituisce l’antica struttura medioevale, già documentata nel 1286, che si trovava più a monte. All’inizio dell’Ottocento versava in così pessime condizioni che fu deciso di ricostruirla. Nella stessa carta 106 sopra citata, troviamo la chiesa indicata nel territorio del Popolo di Santo Stefano a Paterno.

Il gruppo Cral di Firenze
L’interno

L’appuntamento è con don Fabio Masi. Ci parla della storia della chiesa, descrive le opere che vi sono conservate con la passione e l’amore di chi è qui da tanti anni. L’edificio è certo moderno – l’abside è stato costruito dopo l’ultima guerra – ma al suo interno c’è almeno un’opera di notevole importanza, proveniente dall’oratorio della Croce a Varliano. Un Crocifisso di Gaddo Gaddi con il Christus patiens di fine XIII secolo, che ricorda il Crocifisso di Santa Croce a Firenze di Cimabue. Probabile committente la Compagnia del Bigallo, per l’anagramma della lettera “B” sormontata da un gallo, dipinto nel suppedaneo. Proprio in questi giorni il Crocifisso – a lungo in restauro – torna a riprendere il suo posto all’interno della chiesa.

L’altare
La sacrestia
L’interno

Entrando a destra, una Madonna e San Giuseppe adoranti il Bambino della scuola di fra Bartolomeo attribuita all’allievo fra Paolino da Pistoia e l’affresco della Vergine con l’angelo di scuola fiorentina del Quattrocento. Nella sacrestia, una minuscola, sorprendente Pinacoteca con opere seicentesche di autori ignoti, tra le quali una Maddalena, una Santa Lucia e un Sant’Antonio Abate di pregevole fattura.

Madonna e San Giuseppe adoranti il Bambino
Vergine con l’angelo
Santa Lucia
Sant’Antonio Abate
Maddalena
L’interno (particolare)

Don Fabio è arrivato qui, proveniente dal Vingone, il primo agosto 1982. Il prossimo 17 giugno compie novant’anni. Questo scritto vuole essere anche un omaggio ai quasi quarant’anni dedicati al popolo di Santo Stefano a Paterno e alla comunità ripolese tutta. 

 Per chi è interessato ad approfondire la storia del territorio c’è un libro, una miniera di curiosità e ricordi di un passato neppure tanto lontano, Stendardi Rossi, Massimiliano Franci, Edarc Edizioni, 2002. E’ possibile acquistarlo all’edicola “Libri&Giornali” di Tania Borrani a Grassina, riferimento noto per gli appassionati di storia locale.

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