Il culto dei Santi a Baroncelli

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Si racconta che Sant’Antonino Pierozzi tutti gli anni comprasse l’olio d’oliva per la mensa arcivescovile a Baroncelli da ser Simone di Giovanni; quindi si recava spesso su quel poggio e portava i suoi fraticelli a fare una scampagnata ospiti del parroco della chiesa.
Un giorno dei primi anni del ’400, mentre stavano facendo merenda, il cielo si oscurò e scoppiò un furioso temporale con vento, tuoni e fulmini che costrinse tutti a rifugiarsi in chiesa con gran paura e preoccupazione di non poter rientrare a Firenze. Per tranquillizzare i novizi, Antonino si mise sulla porta della chiesa e benedì l’aria facendo il segno della croce verso il cattivo tempo. Istantaneamente, l’aria ritornò tranquilla e serena.
Per ricordare il miracolo fu fatta una pittura in chiesa con Sant’Antonino e gli fu intitolata la campana che lui stesso aveva battezzato e che, fino a pochi anni orsono, veniva suonata per placare le tempeste.
La tradizione ricorda un altro miracolo avvenuto a Baroncelli. Fin dal tempo di Cosimo il Vecchio un crocifisso ritenuto miracoloso veniva portato in corteo dalle Cappelle Medicee fino a Baroncelli e alla fine della cerimonia religiosa veniva riportato in città.
Avvenne che una tragica pestilenza colpì il territorio di Bagno a Ripoli. Non riuscendo a debellare la terribile epidemia, la popolazione chiese in prestito al granduca il crocifisso che fu trasportato con una lunghissima processione da Firenze a Baroncelli. Lungo il percorso, appena varcato il confine tra i due Comuni, i fedeli che erano malati guarirono tutti come per incanto e il popolo gridò al miracolo.
Allora il granduca acconsentì a lasciare la Croce alla chiesa di Baroncelli purché fosse chiusa in una bacheca e scoperta soltanto ogni 25 anni. Così è stato per qualche secolo finché, nel 1947, la popolazione chiese al parroco di disobbedire agli ordini del granduca e di disporre che il crocifisso venisse scoperto una volta l’anno la sera di Pasqua con solenne cerimonia.
Dal 1972, nell’ex Palagio di Baroncelli si sono insediate le monache benedettine di clausura dello Spirito Santo e si sono portate dietro le venerate spoglie di Santa Umiltà, fondatrice dell’Ordine, e il Santo Bambino: una scultura di legno dipinto delle dimensioni di un neonato che la santa portò sempre con sé da quando la Madonna glielo consegnò una notte di Natale del ’200.

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Massimo Casprini, classe 1943, nato e vissuto a Bagno a Ripoli e appassionatissimo di storia locale così come di fotografia e di viaggi.